Gentile dottore le scrivo perché sono troppo confuso… da un po’ di tempo a questa parte non vivo una vita normale. Cerco sempre di evitare di stare in mezzo agli altri, una forma di terrore del giudizio altrui. Ho 37 anni e da 10 prendo psicofarmaci, da poco ho cambiato la cura resto calmo in certe uscite con “amici” ma non sempre il problema è solo questo ,soffro anche di attacchi di panico quando l’ansia è forte specialmente quando mi espongo alla gente non riesco a controllarmi inizio a sentire un grande disagio tremore interno cuore a mille balbetto e non riesco a parlare quindi sto zitto e facendo magari la figura dello stupido … Io non riesco più a vivere così io vorrei avere una vita sociale come da ragazzo sono stato sempre un po’ timido ma le situazioni le ho sempre affrontate senza problemi ,adesso no non ci riesco più mi sento un uomo a metà una forma di vita castrata. Il sintomo è la mia personalità intera?
Colgo l’occasione, nel rispondere a questa lettera, di fissare un concetto centrale. Se anche Lei avesse una diagnosi (ammesso e non concesso che un essere umano sia inquadrabile in una nosografia), poi cosa se ne fa? Poniamo: da DSM, cluster C, disturbo di personalità evitante. E poi? Forse i suoi problemi sono diminuiti? Le diagnosi hanno un valore rassicurativo, per quei soggetti che si sentono consolati dalla “diagnosi” dello “specialista” (almeno so che cosa diavolo ho!) e che magari tornano a casa “contenti” con una ricetta del dottore. In realtà il meglio per Lei sarebbe di instaurare un rapporto fiducioso con una figura maieutica (analista) che la aiuti a elaborare i blocchi della sua personalità (eventualmente anche con l’ausilio di ipnosi/meditazione), per un miglioramento sintomatico (e basta con gli psicofarmaci) ed un percorso di evoluzione personologica.