Personalità borderline

  • La struttura borderline

    Possiamo iniziare con un breve ricostruzione storica del concetto, di cui si cominciò a sentire la necessità quando gli psicoanalisti si trovarono di fronte a soggetti che non presentavano sindromi psicotiche, ma non erano neppure inquadrabili nelle forme comuni della nevrosi ossessiva o isterica. Adolph Stern (1938) descrisse i borderline come persone ipersensibili, “narcisistiche” (nel senso di idealizzare e svalutare alternativamente il terapeuta), con spiccato senso di inferiorità, propense ad usare meccanismi proiettivi (a volte fin quasi a raggiungere spunti deliranti). Circa 15 anni dopo Robert Knight (1953) invece sottolineò come questi pazienti nascondessero, dietro un apparente funzionamento tipicamente nevrotico, una “regressione” e una severa debolezza dell’Io; anche se era incline a vederli come all’ombra della schizofrenia, Knight però li concepì come una entità nosografica abbastanza autonoma, inaugurando così una tendenza un questo settore che dura fino ai nostri giorni. Infine, negli anni 1960, Roy Grinker (1968) in una importante ricerca fece un ulteriore passo nel sistematizzare la diagnosi di disturbo borderline come entità autonoma. I loro criteri diagnostici, basati prevalentemente su comportamenti osservabili, erano i seguenti: ipersensibilità alle critiche, paura e inadeguatezza nei confronti dei rapporti intimi, disturbi dell’identità, bassa autostima, tendenza alla depressione, difese primitive (negazione e proiezione), sospettosità, presenza di rabbia come emozione prevalente. L’analisi fattoriale dei loro dati suggerì 4 sottotipi: 1) al bordo della psicosi, con lacune nell’esame di realtà e comportamento inappropriato; 2) borderline veri e propri o “nucleari”, con identità diffusa e acting out aggressivi; 3) personalità “come se”, prive di affettività, apparentemente adattate, ma poco genuine o spontanee; 4) al bordo della nevrosi, con depressioni anaclitiche e tratti narcisistici.

    Nel tentare di cogliere forse illusoriamente l’”essenza” del borderline, gli psicopatologici descrissero due gruppi di pazienti: alcuni avevano caratteristiche quasi schizofreniformi, altri erano i tipi pazienti arrabbiati, impulsivi e in fondo depressi descritti da Kernberg. Gli otto criteri diagnostici che si sono sedimentati nel DSM furono derivati sostanzialmente dai criteri di Kernberg

    Il DSM-III-R lasciò invariati questi otto criteri diagnostici, cinque dei quali devono essere presenti per fare diagnosi. Voglio qui ricordarli brevemente in quanto potranno esserci utili come quadro clinico di riferimento: 1) relazioni interpersonali intense e instabili caratterizzate da alternanti idealizzazioni e svalutazioni; 2) impulsività in almeno due aree potenzialmente pericolose a sé, quali sesso, droghe, piccoli furti, guida pericolosa, ecc.; 3) instabilità dell’umore, caratterizzata da rapidi viraggi verso la depressione, l’irritabilità, o l’ansia, che durano ore o pochi giorni; 4) rabbia intensa e inappropriata; 5) periodici comportamenti suicidiari o autolesivi; 6) marcato disturbo dell’identità in almeno due aree tra le seguenti: immagine di sé, sesso, carriera, scelta di amici, valori; 7) cronici sentimenti di vuoto e noia; 8) frenetici sforzi per evitare la solitudine o l’abbandono.

    Quindi il tipico quadro clinico dei borderline che emerge dal DSM-III (fino alle sue più recenti revisioni) è quello di un paziente arrabbiato, depresso e impulsivo, il quale, per la sua instabilità dell’umore, può essere considerato non più tanto imparentato con la schizofrenia, quanto forse maggiormente con la psicosi maniaco-depressiva. Le caratteristiche più tipicamente considerate vicine alla schizofrenia (isolamento sociale, sospettosità, idee di riferimento, inappropriatezza, ecc.) vengono infatti assegnate alla diagnosi di personalità schizotipica.

    Il disturbo borderline di personalità esordisce nell’adolescenza ed è più frequente tra le donne rispetto agli uomini. Sono individui caratterizzati da instabilità nelle relazioni interpersonali, nell’umore e, a livello interno, nell’immagine di sé, per cui le emozioni possono infatti subire bruschi e improvvisi cambiamenti così come la considerazione nei confronti di altre persone. Quando temono la perdita della figura di riferimento, il loro umore cambia sensibilmente e si manifesta spesso una rabbia intensa e inappropriata. Il cambiamento d’umore è accompagnato da drastici mutamenti nella visione del mondo, di se stessi e degli altri, dal bianco al nero, dall’odio all’amore o viceversa. Le relazioni, spesso esclusive e di breve durata, sono intense e presentano periodi di idealizzazione e supervalutazione dell’altro, che spesso virano nella direzione opposta, giungendo anche al disprezzo, nel giro di pochissimo tempo. Frequenti sono gli atteggiamenti minacciosi, così come i tentativi di suicidio o di automutilazione, dovuti al senso di vuoto e depressione anaclitica che affliggono cronicamente queste persone. Il soggetto borderline teme un abbandono (reale o immaginario) e per questo compie disperati tentativi di evitarlo; non sopporta di essere lasciato solo e ha bisogno costante di essere al centro dell’attenzione altrui. Il comportamento autolesivo può comprendere anche tentativi di suicidio. Il senso di sé non è chiaro e coerente e non esiste alcun punto fermo circa valori, ideali e scelte. I più comuni disturbi concomitanti sono l’abuso di sostanze, la promiscuità sessuale, le abbuffate, il gioco d‘azzardo, nonché i disturbi istrionico, narcisistico, dipendente, evitante e paranoide di personalità.

    Per quanto riguarda l’etiologia psicodinamica del disturbo, ci pare adeguata la descrizione che Bergeret fa degli stati-limite come derivanti da un trauma precoce disorganizzatore che non permette l’organizzazione né di una struttura psicotica, né di una nevrotica. Lo sviluppo del conflitto edipico è bloccato e i soggetti entrano in una pseudo latenza precoce già in fase pre-edipica. Le difficoltà dello sviluppo adulto (richieste della realtà/richieste istintuali) rivelano la debolezza dell’Io che si può “organizzare” o nella patologia caratteriale o in quella sociopatica/perversa.

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