Psicoanalisi: freudiana o junghiana?

La scoperta dell’inconscio non fu un’idea di Freud. Già tra i filosofi dl tardo Romanticismo si era fatta strada la nozione di una parte inconscia della mente. Freud fornì però una concettualizzazione complessa e strutturata della mente inconscia e una tecnica per utilizzarla nel trattamento delle nevrosi. Quindi possiamo sostenere che, senza Freud, Jung, che non fu mai un allievo di Freud, sebbene più giovane, avrebbe avuto molta più difficoltà a fare accettare alla cultura del suo tempo la sua psicologia analitica.

Le principali differenze tra Freud e Jung riguardano l’antropologia filosofica, la concezione della realtà fondamentale di homo sapiens. Per Freud, forse l’ultimo dei grandi illuministi, l’uomo è una specie particolare da concepirsi secondo un’ottica darwiniana, e cioè come un animale con una etologia in passato definita, che si è però spersa e complicata durante l’evoluzione delle forme di cultura; queste ultime sono quindi inibizioni seppur funzionali, e necessariamente nevrotizzanti. La libido, l’energia che ci spinge a vivere, è per Freud di natura istintuale. L’uomo freudiano è essenzialmente sessualizzato e aggressivo, seppur in casi forse rari e favorevoli capace di sublimazioni. La sublimazione delle componenti istintuali non è però mai completa e soddisfacente. Jung, fin dal 1912, espose chiaramente una sua radicalmente diversa visione dell’antropologia fondamentale. Per usare una semplificazione euristica per Jung l’uomo e la donna sono anime che hanno dentro di loro un residuo biologico derivante dalla storia della specie (che viene conservato in un inconscio collettivo), ma che essenzialmente cercano un senso del loro essere nel mondo, ed esigono, per vivere degnamente, un percorso di individuazione della loro natura specifica, di quel quid che rende ognuno di noi un essere speciale.

Chi scrive ha sperimentato sia un’analisi freudiana (nella prima parte della vita), che un’analisi junghiana (nella seconda parte della vita). Al di là della soggettività dell’esperienza, direi che, soprattutto in un giovane maschio, le acquisizioni di consapevolezza delle realtà dell’umano, anche nei loro aspetti più aspri, e il relativo rafforzamento delle potenzialità dell’Io sono un portato molto utile dell’inquadramento freudiano. Tuttavia, una volta raggiunte certe mete, sia caratteriali che esistenziali, c’è nell’idea di Jung di individuazione un’apertura ad un ventaglio ulteriori di sensi possibili dell’esperienza della vita che permette una evoluzione ulteriore del Sé. Questo in generale: la psicoanalisi è però un incontro tra due soggetti. Quindi il dato primo per il successo dell’esperienza è la maggiore o minore felicità nell’incontro di due soggettività, quella dell’analista e quella dell’analizzato.

Fabio Gallazzi  | GLLFBA66H17G999S |  Prato - Via F. Baldanzi, 9      2024  ©Tutti i diritti riservati                                                          webdesign